File:Gabriele D'Annunzio's house in Naples (Via Caracciolo) from November 1891 up to October 1892 (28893084133).jpg

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FOTO - CASA DI GABRIELE D'ANNUNZIO SU VIA CARACCIOLO A NAPOLI, DA NOVEMBRE 1891 A OTTOBRE 1892. (dal libro: Carlo Raso, "Golfo di Napoli. Guida Letteraria. Da Cuma a Sorrento in 43 itinerari", Franco Di Mauro Editore, 2007). "È merito di Gianni Infusino aver individuato l’abitazione di Mergellina, fittata da novembre 1891 ad ottobre ’92, dopo il periodo trascorso all’albergo Vesuvio da Gabriele D’Annunzio. Il quale scrive infatti il 17 ottobre a Barbara Leoni: “Mi sono occupato della casa. Credo anzi di averne trovata una che mi converrà, su la Riviera verso Mergellina, con tre stanze dalla parte del mare e due dalla parte opposta. È un quartiere ora occupato da una vecchia signora russa che parte e per cinque o sei mesi resta lontana da Napoli. È arredato con buon gusto e con un’abondanza di tappeti d’Oriente”. Ma il 31 ottobre: “Credo che non passerò alla casa nuova domani, perché la signora che me la cede non è partita ancora”. E ancora, giovedì 5 novembre: “Io non sono ancora passato alla casa nuova, perché la signora s’è ammalata e non ha potuto lasciar libero l’appartamento pel giorno stabilito. Andrò là lunedì mattina” cioè il 9 novembre 1891. Si tratta dell’alloggio al quarto piano del n° 9 di Viale Gramsci (già Viale Elena e allora Corso Umberto) attintato in rosso pompeiano sia dal lato di questa strada (dove è visibile il terrazzo cui si riferisce lo scrittore in una lettera) sia dall’altro che, con tre file verticali di balconi, affaccia su Via Caracciolo. Da qui la casa è individuabile al quarto e penultimo piano, con tre balconi in luogo delle originarie finestre, cui accenna D’Annunzio: le ringhiere, diverse rispetto alle altre, confermano la trasformazione. Qui il poeta – che intanto intrattiene una relazione con Maria Gravina – aspetta da Roma l’amante Barbara Leoni: “Spero che tu vorrai farti rivedere… È domenica, è la giornata che io temo. Questa casa è più vuota che mai, mi fa quasi paura. Oh, ma ti giuro che tu verrai a vivere con me, a consolarmi! Io non spero soltanto, ma voglio; e son certo dell’avvenire! la piccola luna di decembre tu la guarderai dalle mie finestre, nel cielo di Posillipo, nel mare di Mergellina. Che fai? Che pensi? Mi senti? È il crepuscolo. La voce del mare è coperta dal romorio delle carrozze che passano su la via Caracciolo. Che tristezza infinita e pesante!”. E il desiderio di averla vicina sollecita l’immaginazione: “Oggi, pioggia continua e dirotta. Sono uscito per un’ora ed ho girato con una carrozzella per fare alcune spese. Stasera per la prima volta pranzo a casa; e sono solo. Come ti esprimerò la tristezza di questa sera? Pensavo, dianzi, tornando di fuori con una quantità d’involti: - Se ella fosse ad aspettarmi! Se, impaziente, ella mi si gittasse al collo, di su la soglia!.. Come sarebbe dolce e allegra questa sera, se tu fossi qui! Allora la pioggia, allora il rumore del mare sarebbero per noi elementi di delizia, aumenterebbero la profonda dolcezza della nostra intimità, in questa casa solitaria e quieta”. Ma la Leoni intuisce il tradimento dell’amante, il quale tenta in ogni modo di impietosirla: “Da quando tu venisti a Napoli, io sentii che il tuo amore, pur essendo ancora grande, era diminuito… È una giornata di sole, d’azzurro. Tutto il nido è pieno di sole. Il tremolio del mare è su le pareti riflesso. La buona donna è venuta dianzi a portarmi un rametto di vainiglia colto sul terrazzo… Sono malato. Da cinque o sei giorni mi son tornate le febbri che tu sai, quelle che un tempo fecero di te la più tenera delle infermiere… Mandami in una scatola tutte le mie lettere, tutte le mie carte, tutti i ricordi della mia povera Anima, i ricordi di cinque anni: tutti… Addio, addio. Non sono mai uscito di casa in questi giorni. Jeri la giornata fu straziante. Quanti ricordi!”. E il 5 gennaio 1892: “Oggi è giorno di tempesta. Questa povera casa, così in alto, è tutta piena di mugghii e di sibili. Il mare fa paura”. Giorni dopo però: “Oggi sono più triste di ieri, perché non piove, perché è una giornata tiepida e bionda, perché sotto le mie finestre il mare è come un lago. Ti penso e ti desidero di continuo; e mi divoro il cuore nell’inquietudine e nel dubbio”. A fine gennaio la situazione sembra precipitare: “Bisognerà che noi ci vediamo. Aspetto che tu mi faccia sapere qualche cosa di preciso in proposito. E, quando saremo in conspetto l’uno dell’altra, prenderemo la risoluzione che tu credi necessaria. E io m’auguro, con tutte le forze dell’anima, che mi sia favorevole… da sei mesi, qui a Napoli, io sono il pascolo cotidiano dei frequentatori di caffè e di teatri. E tu non sai di quali imaginazioni e di quali strani intrichi sia capace questa bassa gente”. Il 27 marzo: “È una giornata di primavera deliziosa, tutta velata, tutta di latte, piena di non so qual sogno dolce e lento. Son rimasto ore ed ore disteso sul davanzale a guardare il mare cinerino e ad assaporare la mia angoscia profonda”. Ad aprile la Leoni scopre, in occasione di un’improvvisa venuta a Viale Gramsci, un biglietto compromettente, che conferma le voci a lei giunte. D’Annunzio tenta in ogni modo di giustificarsi: “Mentre tu eri qui, nella mia casa, ho lasciato tutto nello stato primitivo, senza nasconder nulla, perché non avevo bisogno di ricorrere a sotterfugi. Certo, sono dolente che tu abbia presa una carta e che tu l’abbia letta; non per quel che poteva esser scritto nella carta, ma pel fatto in sé… Ma tu sei inflessibile. Tu non sai perdonare. Sembra che si sieno d’un tratto disseccate in te tutte le fonti della bontà e della tenerezza… Ma perché allora, perché per due giorni qui fosti un’amante carezzevole e ardente? Tu mi avevi perdonato allora; e tu avevi già letta la piccola lettera che t’è parsa così grave, e tu già imaginavi la mia impurità. E perché dunque allora tu a lungo a lungo premesti la tua bocca alla mia e, prima di partire, consentisti ad accarezzarmi d’una delle più lente e delle più dolci tue carezze? Non ti ricordi? Non ti ricordi?… Siamo stati quasi felici, in questi pochi giorni… Ma il mio corpo s’era abituato alle carezze ed ora langue in un desiderio irrequieto. Il maggio napoletano è limpido. Oggi il mare è calmo e chiaro… A quest’ora jeri eravamo ancora allacciati… Che desolazione in questa gran luce dorata che sale dal mare! Addio. Scrivimi. Ti amo più di prima. Tu sei la più buona delle creature di questa terra, e il mio cuore è nelle tue mani così dolci e così forti. Amami, pensami, perdonami”. E il 5 maggio: “Jersera verso le nove uscii, e feci una passeggiata solitaria per la Via Caracciolo. Che notte di maggio! Il mare non respirava. Tutte le stelle vi si riflettevano. E qualche barca vogava tra gli scogli, con una fiaccola rossa a prora… Tornai a casa verso le dieci e mezzo. E l’andito era tutto odoroso. Le piante di rose sono tutte fiorite: gialle e rosse. E una pianta di margherite apre le sue stelle bianche presso alla porta. Jersera ne colsi una e feci il gioco che sai. L’ultimo petalo mi disse: Passionnément!”. Quattro giorni dopo: “Che tristezza stamani! Avevo passata una cattiva notte, smaniosa, quasi interamente insonne… E son rimasto a lungo seduto sul davanzale della finestra, d’onde una sera guardammo i lumi della Riviera e le stelle. Era una mattina grigia, umida, tediosa; e il mare a pena a pena mormorava negli scogli”. E il 9 giugno: “Quante sere e quante ore della notte passo sul davanzale! Il vulcano fiammeggia, e il suo rossore è tragico nella calma della luna. Se tu fossi qui, il davanzale potrebbe essere per noi come un letto”.

Ma le vicende sentimentali di D’Annunzio si intersecano in questa casa con quelle letterarie. Il 17 ottobre 1891 annuncia: “Ti manderò domani l’elegia Nella Certosa di San Martino. È dolente assai”. Il 5 dicembre: “Rimasi a casa, lavorai, cercai di addormentare il mio dolore con la musica dei miei versi, cercai di consolare la mia anima con un sogno. Jeri ti mandai, per dono di Santa Barbarella, le strofe che avevo composte in quella notte di suprema tristezza”. Il 6 aprile ’92: “Domani finalmente si pubblicherà il mio libro [L’innocente]. Sto aspettando l’editore [Bideri] che mi porti le prime copie” e il 5 maggio: “Rimasi tutto il giorno in casa a lavorare, a correggere le prove delle Elegie e a comporre il Congedo che mancava ancora”."
Date
Source Gabriele D'Annunzio's house in Naples (Via Caracciolo) from November 1891 up to October 1892
Author Carlo Raso from Naples, Italy
Camera location40° 49′ 50.61″ N, 14° 13′ 30.68″ E Kartographer map based on OpenStreetMap.View this and other nearby images on: OpenStreetMapinfo

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